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La multidiscriminazione delle donne con disabilità è un problema diffuso e persistente in tutto il mondo. Queste donne sono soggette a molteplici forme di discriminazione in base al loro sesso, età, disabilità e condizione sociale, e sono spesso escluse dalla piena partecipazione alla società e alla vita economica.
La multidiscriminazione delle donne con disabilità comporta una serie di sfide e ostacoli, tra cui la mancanza di accesso all’istruzione, al lavoro e ai servizi sanitari, la mancanza di rappresentanza politica e di partecipazione alla vita pubblica, e la discriminazione nei confronti delle loro famiglie e comunità.
Per porre fine a questa situazione, è importante che le politiche e le iniziative pubbliche vengano attuate per promuovere l’inclusione e l’emancipazione delle donne con disabilità, nonché per sensibilizzare la società ai loro diritti e alle loro esigenze.
Inoltre, è importante che le donne con disabilità siano rappresentate e ascoltate nei processi decisionali che li riguardano, e che siano coinvolte in iniziative che promuovono la loro autonomia e il loro benessere.
Ma andiamo più nel dettaglio.
Ancora oggi essere donna comporta spesso svantaggi e minori opportunità. Ciò si deve al persistere di una cultura patriarcale e maschilista che ne svalorizza l’essere riducendolo alle “naturali” funzioni di procreazione e di cura. I dati che seguono aiutano a comprendere gli effetti di questo approccio.
Secondo il Global Gender Gap Report 2020, il rapporto globale sul divario di genere del World Economic Forum, l’Italia si colloca al 76esimo posto in una lista di 153 Paesi. Siamo penultimi in Europa per partecipazione femminile al mercato del lavoro. Lavora poco più di una donna su due in età lavorativa.
La mancanza di servizi per l’infanzia induce molte donne a lasciare il lavoro all’arrivo di un figlio, il 73% delle dimissioni volontarie, o apparentemente tali, rassegnate nel 2019 sono state di lavoratrici madri.
Se riescono a stare nel mercato del lavoro, succede che le donne siano pagate meno degli uomini a parità di mansioni, e che difficilmente riescano ad arrivare a posizioni apicali, nelle aziende italiane solo il 28% delle posizioni dirigenziali è ricoperto da donne.
Il lavoro familiare (domestico e di cura) rappresenta il 21,7% della giornata media delle donne, contro il 7,6% di quella degli uomini.
Gli stereotipi di genere condizionano le donne nelle scelte di studio sconsigliando loro di intraprendere discipline matematiche.
Nonostante le donne rappresentino oltre la metà della popolazione italiana, occupano solo un terzo delle cariche politiche nazionali e meno di un quinto di quelle locali. Le Mappe dell’intolleranza, redatte da Vox Osservatorio Italiano sui Diritti, assegnano alle donne il podio di categoria più colpita dagli odiatori via Twitter. C’è poi il fenomeno della violenza, gli ultimi dati ISTAT (del 2014) ci dicono che 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, esse costituiscono il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni10.
Tutti questi svantaggi e minori opportunità ovviamente colpiscono anche le donne con disabilità, in misura maggiore rispetto altre donne. In tema di violenza, ad esempio, i già citati dati ISTAT ci dicono che ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi, ed anche che per queste ultime il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio, il 10% contro il 4,7% delle donne senza problemi. Le donne con disabilità sono discriminate sia in quanto donne, sia in quanto persone con disabilità.
Ma tali evidenze non hanno trovato adeguata attenzione né nei movimenti per le pari opportunità e l’eguaglianza di genere, né nel movimento delle persone con disabilità.