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Nel confronto tra la Relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, e il Rapporto ISTAT 2025, affiora una rappresentazione duale del Paese, capace di restituire con nettezza le criticità strutturali che minacciano la coesione sociale, la tenuta del mercato del lavoro e la garanzia dei diritti fondamentali, in particolare per le persone in condizioni di disabilità o fragilità persistente. Sebbene i due documenti adottino linguaggi diversi — la Relazione connotata da una visione macroeconomica sistemica, il Rapporto ISTAT radicato nell’osservazione empirica dei fenomeni sociali — entrambi convergono nel delineare un quadro di crescente disuguaglianza, in cui la condizione delle persone con disabilità si configura come indicatore sensibile delle disfunzioni del sistema.
Il Governatore Panetta, pur non dedicando uno spazio esplicito alla disabilità, colloca la questione della coesione sociale al centro del suo impianto analitico, evocando la necessità di un’Europa solidale e di un’Italia che non lasci indietro le sue componenti più vulnerabili. I richiami alla perdita di produttività, alla stagnazione salariale, all’inefficacia redistributiva del sistema fiscale e alla transizione demografica, costituiscono tutti elementi che interpellano direttamente il sistema di protezione delle persone con disabilità, anche se non citato. Il nodo dell’invecchiamento attivo, ad esempio, viene trattato nella Relazione con riferimento al rischio di contrazione della base produttiva e alla sostenibilità del welfare, ma i riflessi sulla popolazione già in condizioni di svantaggio — come le persone disabili con crescenti bisogni assistenziali — rimangono affidati all’intuizione del lettore esperto, senza una declinazione operativa.
Di contro, il Rapporto ISTAT 2025 adotta un’impostazione marcatamente centrata sulla misurazione delle condizioni di vita e di salute, con dati disaggregati che mostrano come le persone con disabilità siano esposte a più alti livelli di disagio economico, isolamento sociale, deprivazione materiale e difficoltà di accesso al lavoro. Il documento non si limita alla registrazione statistica delle disparità, ma le colloca in una traiettoria temporale, dimostrando come i progressi normativi degli ultimi anni non abbiano prodotto un impatto sufficiente a riequilibrare le opportunità. L’incapacità del mercato del lavoro di includere stabilmente le persone con disabilità, unita all’erosione del potere d’acquisto delle famiglie più fragili, viene evidenziata come causa primaria di diseguaglianza persistente e di vulnerabilità sistemica.
L’aspetto più rilevante del confronto tra i due documenti risiede dunque nella relazione tra rischio economico e debolezza sociale. Se la Relazione del Governatore individua nella bassa produttività e nella frammentazione territoriale i principali ostacoli alla crescita, il Rapporto ISTAT mostra come tali fattori si traducono, in modo immediato, nella difficoltà di garantire diritti effettivi alle persone con disabilità. I due documenti parlano lo stesso linguaggio quando denunciano il divario Nord-Sud, il sotto-investimento nel capitale umano, la precarietà delle condizioni lavorative e l’insufficienza delle reti di cura, ma divergono nell’identificazione dei soggetti maggiormente colpiti. È l’ISTAT a far emergere, con maggiore precisione, la figura del cittadino disabile come soggetto sistematicamente penalizzato da una governance diseguale.
Non meno significativo è il trattamento della questione fiscale e della spesa sociale. Panetta denuncia l’inefficacia dell’attuale struttura del prelievo e il rischio di una frattura generazionale, ma la sua analisi resta centrata sull’efficienza del sistema nel suo complesso, senza considerare le specificità dei carichi familiari derivanti dalla presenza di disabilità. L’ISTAT, al contrario, documenta come le famiglie con almeno una persona disabile siano più esposte alla povertà assoluta e abbiano una minore resilienza rispetto agli shock, anche a parità di reddito. La vulnerabilità sanitaria e abitativa, il maggiore ricorso ai servizi pubblici, le difficoltà nell’accesso all’istruzione e alla mobilità, sono tutte dimensioni che si intrecciano con le dinamiche macroeconomiche ma che raramente entrano nelle agende strategiche delle istituzioni finanziarie.
Il mancato incrocio tra l’analisi macroeconomica della Banca d’Italia e l’approccio sociale dell’ISTAT segnala una frattura di sistema, in cui le persone con disabilità rischiano di diventare una variabile residuale nel disegno delle politiche pubbliche. A fronte di una normativa che negli ultimi anni si è progressivamente arricchita di strumenti orientati alla piena partecipazione (come il progetto di vita, il collocamento mirato, la valutazione multidimensionale), l’assenza di un monitoraggio centralizzato della loro effettiva implementazione indica un vuoto di accountability istituzionale. Né il Governatore né l’ISTAT possono colmare direttamente questo vuoto, ma entrambi forniscono alla politica gli elementi per comprendere che una strategia di crescita non può prescindere da una visione integrata dei diritti sociali. Letti quindi in parallelo, la Relazione della Banca d’Italia e il Rapporto ISTAT, descrivono un Paese che, pur disponendo di strumenti giuridici avanzati, non è ancora riuscito a trasformare il diritto in realtà per le persone con disabilità. Ne prendiamo atto e affidiamo alla Politica il compito di saper leggere queste analisi non come documenti paralleli, ma come voci complementari di un’unica diagnosi strutturale: quella di un’Italia che rischia di smarrire la propria coesione se non assume l’inclusione come principio guida di ogni riforma. La disabilità, da questo punto di vista, non è un segmento di intervento, ma una lente per valutare la giustizia dell’intero impianto sociale.
Francesco Alberto Comellini
Componente del Comitato Tecnico Scientifico Osservatorio Permanente sulla Disabilità – OSPERDI ETS