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Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 2 dicembre 2021, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli articoli 159 del Codice Penale e 72-bis del Codice di Procedura Penale in un procedimento riguardante un imputato affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). La patologia, caratterizzata dalla progressiva perdita della mobilità e della capacità comunicativa, pur senza compromettere le facoltà intellettive, ha posto in evidenza una lacuna normativa riguardo alla possibilità per l’imputato di partecipare consapevolmente al processo.
L’articolo 72-bis c.p.p., che consente la dichiarazione di “non doversi procedere” in caso di infermità mentale che impedisca la partecipazione cosciente al processo, non include le patologie fisiche gravi che determinano un analogo effetto pregiudizievole sulla capacità di interazione processuale. Il Tribunale ha sollevato il dubbio che tale esclusione possa violare il principio di uguaglianza ex articolo 3 della Costituzione, creando una discriminazione tra persone affette da disabilità mentale e persone con gravi disabilità fisiche o sensoriali.
L’articolo 159 c.p., che disciplina la sospensione della prescrizione in caso di impedimenti dell’imputato, prevede un limite massimo alla sospensione solo per l’imputato irreperibile, mentre non pone alcuna limitazione temporale alla sospensione nei casi di impedimento dovuti a gravi condizioni di salute. Anche questa disposizione, secondo il Tribunale, si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza e con la necessità di garantire un equilibrio tra la durata del processo e la tutela dei diritti della difesa.
Con la sentenza n. 65 del 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 72-bis c.p.p. nella parte in cui non prevede la possibilità di estendere il “non doversi procedere” anche alle ipotesi in cui l’imputato sia affetto da una patologia fisica irreversibile che gli impedisca di partecipare consapevolmente al processo. La Corte ha riconosciuto che tale limitazione risultava in contrasto con il principio di uguaglianza e con il diritto di difesa garantito dall’articolo 24 della Costituzione. Contestualmente, la Corte ha richiamato il legislatore a intervenire per colmare le lacune normative e garantire strumenti adeguati per la partecipazione processuale delle persone con disabilità fisiche gravi.
Le disposizioni legislative contestate si inseriscono in un quadro storico-normativo che ha visto una progressiva evoluzione della tutela delle persone con disabilità nel diritto italiano. In particolare, il legislatore del passato ha elaborato le norme processuali con una concezione della capacità di partecipazione limitata agli aspetti cognitivi e non estesa alle difficoltà derivanti da disabilità fisiche o sensoriali. L’evoluzione del contesto sociale e giuridico, anche alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18), ha reso evidente la necessità di riconsiderare tali previsioni alla luce di un principio di non discriminazione più ampio e comprensivo.
L’introduzione della riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) ha apportato modifiche significative al processo penale, introducendo, seppur indirettamente, alcuni strumenti per migliorare l’accessibilità alla giustizia per le persone con disabilità. Tra questi, la digitalizzazione dei procedimenti e l’incremento dell’uso delle videoudienze possono rappresentare un’opportunità per facilitare la partecipazione di imputati con gravi limitazioni motorie o sensoriali. Tuttavia, la riforma non ha previsto interventi specificamente dedicati alla tutela degli imputati con disabilità fisiche, lasciando ancora aperta la questione della loro effettiva partecipazione processuale.
Successivamente, il Decreto Legislativo 222 del 2023, pur avendo come finalità principale l’accessibilità fisica e digitale dei servizi pubblici, ha avuto effetti indiretti anche sul sistema processuale. Le disposizioni contenute nel decreto hanno rafforzato l’obbligo per le amministrazioni pubbliche, inclusi i tribunali, di garantire l’accessibilità delle sedi e dei servizi telematici per le persone con disabilità. Questo ha comportato l’adozione di strumenti tecnologici assistivi e l’ampliamento delle modalità di accesso ai procedimenti, incidendo, seppur in via mediata, sul diritto alla difesa e sulla partecipazione effettiva degli imputati con disabilità nei processi penali.
Parallelamente, l’articolo 17 del Decreto Legislativo 62 del 2024 ha introdotto principi di accomodamento ragionevole, applicabili quindi anche all’interno del sistema giudiziario, imponendo specifici obblighi ai tribunali per garantire la partecipazione effettiva delle persone con disabilità. In particolare, la norma prevede l’adozione di misure specifiche, come la predisposizione di assistenza tecnologica per la comunicazione alternativa, la possibilità di modificare la modalità di svolgimento delle udienze per consentire una partecipazione più agevole e l’implementazione di procedure semplificate per richiedere supporti personalizzati. Tali innovazioni hanno avuto un impatto significativo anche sul caso sollevato dal Tribunale di Lecce, poiché avrebbero potuto fornire strumenti idonei a garantire la partecipazione attiva dell’imputato affetto da SLA.
Attualmente, sono in discussione in Parlamento diverse proposte di legge volte a garantire l’accessibilità e la partecipazione effettiva delle persone con disabilità nei procedimenti penali. Tra queste, alcune misure propongono l’introduzione di strumenti obbligatori per garantire l’accomodamento ragionevole nelle aule giudiziarie e l’integrazione della tutela delle persone con disabilità nei processi normativi.
Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale e delle recenti innovazioni legislative, appare opportuno formulare una proposta normativa che assicuri il pieno esercizio dei diritti delle persone con disabilità nei procedimenti penali ma anche negli altri ordinamenti civile, militare o tributario.
Si potrebbe prevedere l’istituzione di un protocollo nazionale per l’accessibilità processuale, la definizione di un registro di esperti in tecnologie assistive per il supporto agli imputati con disabilità e l’introduzione di un monitoraggio periodico sull’attuazione delle misure di accomodamento ragionevole nei tribunali italiani. Questa proposta garantirebbe un’effettiva inclusione delle persone con disabilità nel sistema giudiziario, in piena conformità con i principi costituzionali e internazionali di uguaglianza e giustizia.
Francesco Alberto Comellini
(Componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Permanente sulla Disabilità)