Disabilità verso il 2027, la Rivoluzione nel Budget di Progetto per un Progetto di Vita su misura. Opportunità e rischi del Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2025, n. 17.

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Il recente Decreto Ministeriale intitolato “Regolamento concernente le modalità, i tempi, i criteri e gli obblighi di comunicazione ai fini dell’autogestione del budget di progetto” (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2025, n. 17), costituisce lo strumento normativo con il quale il Governo intende favorire l’autonomia gestionale delle risorse destinate al Progetto di Vita delle persone con disabilità, integrandosi nel quadro delineato dal Decreto Legislativo del 3 maggio 2024, n. 62, intitolato “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”. Tale decreto prevede che il “responsabile dell’autogestione” – ossia la persona con disabilità o il suo legale rappresentante – gestisca direttamente il budget di progetto, nel rispetto di stringenti obblighi di rendicontazione e tracciabilità (come l’utilizzo di conti correnti dedicati e la conservazione della documentazione per almeno cinque anni), al fine di garantire trasparenza e controllo nell’impiego delle risorse pubbliche. Il modello normativo si colloca, sebbene indirettamente, in un contesto integrato con le disposizioni della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (commi 791‑798 dell’articolo 1) e della Legge 30 dicembre 2024, n. 207, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025–2027, che stabiliscono come l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia alle Regioni sia subordinata alla definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), concepiti come la soglia minima di spesa necessaria a garantire prestazioni uniformi e di qualità su tutto il territorio nazionale; in questo modo, il DM in esame collega la gestione del budget di progetto al sistema dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e dei LEP, elementi fondamentali per l’effettiva attuazione dei diritti civili e sociali delle persone con disabilità. Una critica centrale riguarda la definizione operativa dei LEA e dei LEP, che risulta basata prevalentemente su modelli deduttivi storici e priva di una mappatura dettagliata delle risorse economiche e strutturali disponibili a livello nazionale, con il rischio di determinare una distribuzione disomogenea dei fondi e standard qualitativi variabili da una Regione all’altra. L’Allegato A del DM, che elenca le tipologie di documentazione probatoria necessarie – inclusi contratti di lavoro dipendente conformi ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, cedolini di stipendio, ricevute bancarie, scontrini fiscali, fatture e bonifici – rappresenta uno strumento indispensabile per la standardizzazione della rendicontazione; tuttavia, la rigidità delle definizioni e l’assenza di criteri operativi chiari possono generare interpretazioni divergenti, incertezza giuridica e potenziali controversie, con rischi per lo Stato, per le Pubbliche Amministrazioni e per i beneficiari, che potrebbero avere difficoltà nel dimostrare la conformità delle spese sostenute. Un aspetto di particolare rilievo è poi rappresentato dall’allungamento della sperimentazione del sistema per l’elaborazione e l’attuazione del Progetto di Vita, modificato dalla Legge del 21 febbraio 2025, n. 15, “Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi” – in particolare dall’articolo 19-quater – che estende i termini sperimentali previsti dall’articolo 33, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo del 3 maggio 2024, n. 62, fissando l’entrata a regime del nuovo sistema al 1° gennaio 2027. Tale allungamento, che non si configura come un semplice rinvio ma come un’estensione finalizzata al perfezionamento progressivo del modello, offre certamente maggiori margini per definire criteri operativi condivisi e aggiornare la mappatura delle risorse, ma incide sull’accesso immediato alle misure complessivamente destinate alle persone con disabilità, generando incertezza nelle procedure e nelle tempistiche operative. La stima della platea dei beneficiari si concentra sulle province oggetto di sperimentazione – Alessandria, Lecce, Genova, Isernia, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Aosta, Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste – e, ipotizzando una prevalenza del 5% di persone con disabilità nella popolazione residente, si stima un totale di circa 577.500 potenziali beneficiari; considerando che la sperimentazione si rivolge a specifiche patologie, che interessano approssimativamente il 20% di questa platea, si ipotizza un coinvolgimento effettivo di circa 115.500 beneficiari. Un bilancio comparativo tra le finalità dichiarate – orientate a uniformare l’erogazione dei servizi e a garantire un’efficace attuazione del Progetto di Vita – e la realtà operativa, caratterizzata da disparità territoriali, strutture amministrative eterogenee e difficoltà nella definizione operativa dei LEA e dei LEP, evidenzia come le criticità strutturali possano tradursi in una distribuzione non uniforme dei fondi e in interpretazioni divergenti delle procedure di rendicontazione, mentre l’allungamento della sperimentazione fino al 1° gennaio 2027 offre tempo per un perfezionamento normativo ma ritarda l’attuazione pratica delle misure, aumentando l’incertezza per le Pubbliche Amministrazioni e per i beneficiari. In sintesi, il DM sul Budget di Progetto rappresenta uno strumento normativo innovativo finalizzato a promuovere l’autonomia gestionale e l’inclusione delle persone con disabilità, collegando, di fatto, la gestione del budget al sistema dei LEA e dei LEP e integrandosi nel Progetto di Vita; tuttavia, l’efficacia del modello dipenderà dalla capacità di risolvere le criticità operative legate alla definizione operativa dei LEA e dei LEP, alla rigidità delle definizioni documentali e alla mancata mappatura completa delle risorse, nonché dall’impatto dell’allungamento sperimentale che, pur offrendo margini per il perfezionamento, ritarda l’erogazione immediata dei benefici.

Francesco Alberto Comellini – Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Permanente sulla Disabilità – OSPERDI

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