Intelligenza Artificiale e Mercato del Lavoro: Opportunità, Rischi e Inclusione – L’Analisi Censis-Confcooperative del 4 marzo 2025

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Il focus “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?”, pubblicato il 4 marzo 2025 dal Censis e Confcooperative, offre una disamina articolata e di alto profilo tecnico-giuridico sull’impatto della diffusione dell’IA nel contesto economico e occupazionale italiano. Il documento stima che, entro il 2035, l’adozione sistemica delle tecnologie avanzate possa generare una crescita del PIL pari a circa 38 miliardi di euro, corrispondenti a un incremento del +1,8%. Tuttavia, questo scenario di crescita si accompagna a una realtà complessa e ambivalente: la possibilità che ben 6 milioni di posti di lavoro subiscano una sostituzione diretta, mentre altri 9 milioni di ruoli vengano trasformati in maniera complementare dall’integrazione dell’intelligenza artificiale.

La disamina distingue nettamente due macrocategorie professionali. Da un lato, le attività a rischio di sostituzione comprendono soprattutto quelle mansioni intellettuali e ripetitive – ad esempio, contabili, tecnici bancari e operatori amministrativi – che si prestano ad un’automatizzazione completa. Dall’altro, vi sono i settori caratterizzati da una funzione integrativa dell’IA, in cui la tecnologia agisce da supporto alla professionalità umana. Tra questi rientrano figure altamente qualificate quali dirigenti, avvocati, magistrati e specialisti in sistemi economici, per i quali l’adozione dell’IA incrementa l’efficienza e consente una migliore gestione delle decisioni strategiche.

Un ulteriore approfondimento del focus rivela come il livello di istruzione sia un indicatore chiave nel determinare il grado di esposizione al rischio o al beneficio complementare derivante dall’uso dell’IA. I dati evidenziano che, nel gruppo dei lavoratori a basso rischio, il 64% non possiede un titolo di studio superiore, mentre tra coloro a elevata esposizione al rischio di sostituzione, il 54% ha un’istruzione superiore e il 33% una laurea. Al contrario, nel comparto in cui l’IA agisce in complementarietà, il 59% dei lavoratori risulta essere laureato, evidenziando come la formazione avanzata possa costituire una barriera protettiva contro la completa automatizzazione delle mansioni.

Nel settore dell’istruzione e delle università, la presenza prevalente di personale altamente qualificato suggerisce che l’IA venga impiegata in modalità complementare, apportando benefici in termini di innovazione didattica, ottimizzazione dei processi amministrativi e potenziamento della ricerca scientifica. In questo ambito, l’adozione delle tecnologie digitali non si limita a sostituire attività operative, ma rappresenta un valido strumento per la personalizzazione dell’apprendimento e il miglioramento della gestione accademica, condizione essenziale per mantenere elevati standard qualitativi e competitività a livello internazionale.

Il focus, pur essendo incentrato prevalentemente sulle dinamiche occupazionali e sull’impatto economico, dedica spazio – seppur in misura contenuta – alla tematica dell’inclusione, con particolare riferimento alle persone e ai lavoratori con disabilità. Il documento non approfondisce in modo specifico le problematiche connesse a questa categoria, ma offre spunti rilevanti: in un contesto di trasformazione digitale, l’intelligenza artificiale potrebbe, se opportunamente orientata, costituire un mezzo per superare barriere tradizionali e favorire l’accesso a strumenti di supporto personalizzato. È quindi imprescindibile che lo sviluppo tecnologico si basi su criteri di universal design, in modo da garantire che le soluzioni innovative siano accessibili a tutti, evitando il rischio di un’ulteriore marginalizzazione. In altre parole, se da una parte l’IA pone sfide per il mantenimento del posto di lavoro, dall’altra essa apre la possibilità di implementare tecnologie assistive capaci di favorire l’inclusione lavorativa di persone con disabilità, qualora siano previste politiche di formazione mirata e investimenti adeguati nelle infrastrutture digitali.

Il documento analizza altresì il livello di adozione dell’IA nel tessuto produttivo italiano, mettendo in luce un ritardo evidente rispetto ad altri Paesi europei. Infatti, solo l’8,2% delle imprese italiane adotta sistemi di intelligenza artificiale, mentre in Germania la percentuale sale al 19,7% e la media UE si attesta sul 13,5%. Questi dati sono ulteriormente rafforzati da un confronto relativo agli investimenti in ricerca e sviluppo: l’Italia destina solo l’1,33% del PIL a R&S, una cifra ben lontana dagli standard comunitari e dall’obiettivo dell’UE, che mira a raggiungere almeno il 3% entro il 2030. Tale discrepanza evidenzia la necessità di un urgente riallineamento delle politiche pubbliche e di un potenziamento strutturale del sistema di innovazione nazionale, al fine di garantire non solo la competitività economica, ma anche un ambiente normativo che tuteli in maniera adeguata i diritti dei lavoratori, soprattutto in settori a rischio di sostituzione tecnologica.

L’analisi giuridica e tecnica del focus si conclude con una riflessione sul recepimento delle direttive europee in materia di intelligenza artificiale da parte del governo italiano. A differenza di alcuni Paesi leader, l’Italia si trova ancora in una fase di adeguamento normativo e operativo. Il quadro normativo vigente evidenzia, infatti, un lento processo di implementazione delle linee guida comunitarie, essenziali per assicurare un equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali. La normativa europea in materia di IA mira a garantire trasparenza, responsabilità e sicurezza, obiettivi che risultano ancora parzialmente disallineati rispetto alle prassi italiane. Il governo, pertanto, è chiamato a intensificare gli sforzi per recepire integralmente tali direttive, rafforzando le misure di incentivo agli investimenti in R&S e promuovendo politiche di formazione e aggiornamento continuo per tutti i lavoratori, inclusi quelli appartenenti a categorie fragili come le persone con disabilità.

In sintesi, il focus Censis-Confcooperative del 4 marzo 2025 si configura come un documento fondamentale per comprendere le dinamiche dell’impatto dell’IA sul mercato del lavoro italiano. Pur evidenziando notevoli opportunità economiche e un potenziale incremento della produttività, il rapporto mette in risalto anche i rischi occupazionali, in particolare per le professioni automatizzabili, e la necessità di una politica inclusiva che consideri le esigenze delle persone con disabilità. La sfida per il sistema italiano consiste dunque nell’armonizzare il progresso tecnologico con l’obbligo di tutela dei diritti fondamentali, attraverso un recepimento efficace e tempestivo delle direttive europee in materia di intelligenza artificiale, per garantire un futuro in cui la digitalizzazione sia sinonimo di crescita e giustizia sociale.

Francesco Alberto Comellini
Componente Comitato Tecnico Scientifico – OSPERDI

1 commento su “Intelligenza Artificiale e Mercato del Lavoro: Opportunità, Rischi e Inclusione – L’Analisi Censis-Confcooperative del 4 marzo 2025”

  1. Articolo molto interessante.
    Il risvolto sulle questioni occupazionali merita un approfondimento. Bene per l’innovazione tecnologica assistiva ma ricordiamoci che le persone con disabilità hanno bisogno di accomodamenti ragionevoli, sulla base delle loro esigenze personali e peculiari.
    Grazie per quanto ben scritto e per il focus che introduce un tema importante, la questione dei diritti nel nuovo scenario dell’innovazione tecnologica.
    Laura Santarelli
    Presidente AES
    Presidente ANIP
    Portavoce FIAS

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